NAPOLI FERROVIA

"Di nuovo ti rivedo, citta della mia infanzia spaventosamente perduta… Città triste e allegra, eccomi tornato a sognare…" Sono versi di Alvaro De Campos, uno dei tanti eteronimi di Fernando Pessoa, che Ermanno Rea pone come viatico del suo viaggio nella sua "Napoli Ferrovia". Il narratore col suo particolarissimo Virgilio: un’ex naziskin di 55 anni che la gente chiama Caracas, convertito all’islam e dedito ad una vita accanto ai perdenti, gli ultimi del ventre della grande città partenopea. L’area della Ferrovia, tra piazza Mercato e borgo Loreto, tra corso Garibaldi, l’Albergo dei Poveri e la Duchesca, è questa l’area del viaggio dentro una città avviata all’ennesimo fallimento. Un esperimento narrativo che è ora memoir, ora reportage sul campo, ora ricerca sociologica.

 

Caracas ha 55 anni, è nato in Venezuela ed è il re della zona della stazione. Ha il cranio rasato e le idee razziste di un naziskin, si sta convertendo all’Islam, detesta i ricchi e gli americani, appena può aiuta gli sconfitti, i senzaniente. L’io narrante è un giornalista quasi ottantenne, tornato a Napoli dopo moltissimi anni. Ritrova Caracas, vecchio amico di una vita fa, e insieme percorrono il cuore più inospitale della città. I loro giri notturni sono un viaggio a ritroso nel tempo – gli anni Quaranta e Cinquanta, ma anche l’epoca dei nonni e bisnonni – e l’occasione per raccontarsi. Caracas rivive la sua disperata storia d’amore con Rosa La Rosa, irreparabilmente inquinata dall’eroina. Il narratore ripensa all’epoca in cui grandi giornalisti e scrittori avevano tentato di salvare l’anima di Napoli. Finché una rivelazione li separa per sempre.

Pagine 360, Rizzoli Editore, ottobre 2007, €19.00

Copertina Napoli ferrovia di Ermanno Rea

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