Il conflitto sociale in Francia


Giustiniano Rossi, da Parigi,  30 maggio 2008, 11:19

(da aprileonline.info)

 

Dopo
una legge che assesta un duro colpo al libero esercizio del diritto di
sciopero, dopo aver varato l’ennesima "riforma" delle pensioni, il
governo ha fatto un ulteriore passo avanti nel cammino che porta
diritto allo scontro con i lavoratori dipendenti e i loro sindacati

L’aggressività della presidenza Sarkozy e della Destra di cui è
espressione, in collaborazione con il MEDEF – che corrisponde qui alla
Confindustria – non conosce soste: non passa settimana senza che
l’attivismo del governo di François Fillon sul terreno antisindacale e
antisociale s’arricchisca di un nuovo episodio. Dopo aver risposto alla
grande mobilitazione degli insegnanti per opporsi alla riduzione
annunciata dei posti nella pubblica istruzione – 11.200 dall’inizio del
prossimo anno scolastico – con la legge che prevede un "servizio
minimo" nelle scuole i cui insegnanti sono in lotta, una legge che
assesta un duro colpo al libero esercizio del diritto di sciopero, dopo
aver varato l’ennesima "riforma" delle pensioni, che aumenta puramente
e semplicemente gli anni di contributi per ottenere una pensione piena
in una realtà, come quella francese, dove la carriera lavorativa dei
giovani inizia sempre più tardi e il licenziamento dei "vecchi", appena
cinquantenni, sempre più presto, il governo ha fatto un ulteriore passo
avanti nel cammino che porta diritto allo scontro con i lavoratori
dipendenti e i loro sindacati.

E’ di questi giorni, infatti,
l’annuncio che una legge svuoterà di fatto la storica riforma delle 35
ore di durata legale del lavoro settimanale, annualizzando l’orario di
lavoro e, soprattutto, autorizzando la trattativa sulle ore di lavoro
straordinario impresa per impresa, senza il tetto previsto finora per
ogni categoria professionale, andando con questo ancora oltre la
situazione attuale, nella quale già moltissimi lavoratori dipendenti,
in vari settori , lavorano molto di più di 35 ore settimanali grazie
alle numerose deroghe previste nella stessa legge, per la necessità di
mettere insieme il pranzo con la cena mentre i prezzi aumentano e i
salari reali diminuiscono. Tutto questo mentre, ancora qualche giorno
fa, il presidente giurava e spergiurava a radio RTL – dopo aver provato
di essere dalla parte dei "Francesi che si alzano presto" con una
visita-lampo di primo mattino al mercato all’ingrosso di Rungis in
compagnia della sua affascinante consorte – che non aveva nessuna
intenzione di toccare la legge sulle 35 ore perché si trattava di un
punto non facente parte del suo programma elettorale, dopo avere
affermato esattamente il contrario all’inizio dell’anno provocando una
levata di scudi che gli aveva imposto, allora, di fare smentire
precipitosamente sé stesso.

L’atmosfera generale è pesante: la
perdita del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni – il cui
sistema di indicizzazione appare ogni giorno più inadeguato a
contrastare l’impoverimento progressivo di milioni di anziani – non
accenna a ridursi ma si aggrava anche come conseguenza dell’aumento dei
prezzi dei carburanti, dunque dell’energia e dei trasporti, che
agiscono da moltiplicatori di tutti gli altri prezzi, in particolare di
quelli dei prodotti agroalimentari, essenziali nel bilancio delle
famiglie di condizione più modesta. Nel settore ferroviario, la
privatizzazione del trasporto delle merci su rotaia avanza inesorabile
con l’altrettanto inesorabile riduzione dei salari, riduzione e
precarizzazione dei posti di lavoro ed i due più importanti sindacati
dei ferrovieri, la CGT e SUD, hanno già annunciato un programma di
mobilitazione per il prossimo mese di giugno, mentre continua la lotta
dei pescatori, alle prese con l’aumento dei prezzi del carburante e la
concomitante difficoltà a vendere il pescato ad un prezzo remunerativo.

I
ferrovieri non saranno i soli a scendere in lotta il mese prossimo: tre
sindacati della funzione pubblica hanno annunciato per martedì 10
giugno una nuova giornata di sciopero e di manifestazioni per difendere
l’occupazione e le pensioni e per denunciare l’atteggiamento
provocatorio del governo che, oltre a non dare alcuna risposta alla
protesta del 15 maggio, minaccia l’esercizio del diritto di sciopero
instaurando il servizio minimo nelle scuole. Si tratta, per la CGT, FSU
e Solidaires, che rappresentano il 40% dei pubblici dipendenti, di
denunciare il progetto di legge governativo sulla mobilità dei
funzionari, che comporta "disposizioni gravide di conseguenze per il
personale, per il suo statuto e per il servizio pubblico" e la RGPP
(Revisione Generale delle Politiche Pubbliche) che facilita le
"soppressioni di posti di lavoro" e costituisce uno strumento senza
precedenti per distruggere i pubblici servizi. La mobilitazione degli
insegnanti, invece, subirà una battuta d’arresto e non certo a causa
del venir meno delle ragioni che l’hanno determinata, ma per la
difficoltà di proseguirla nel periodo che coincide con la fine
dell’anno scolastico, quando la sensibilità dei professori riguardo al
problema degli scrutini e degli esami e alle attese di studenti e
genitori a questo proposito entra in contraddizione, anche se
apparente, con la necessità di difendere il loro lavoro e con esso
l’interesse collettivo.

Questa voce è stata pubblicata in Politica. Contrassegna il permalink.